Liberalismo

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(der. di liberale, lat. liberalis, da liber, libero) Dottrina politica risalente a J. Locke (1632-1704), che ne fu uno dei teorici più importanti. Secondo Locke, “la libertà consiste nel fatto che ogni uomo dipende dalla legge di natura e non dalla volontà di un altro uomo... La libertà non è la 'licenza' ma consiste nell'obbedire alla legge naturale”. Su questa base, Locke stabilisce due diritti: uno è quello alla propria libertà e l'altro è quello di punire coloro che vogliono danneggiarlo in violazione della legge naturale. Spiega che il lavoro è l'origine della proprietà. Fino a che punto si estende il diritto di proprietà? Fin dove se ne può “godere”?

La simbiosi tra liberalismo e social-darwinismo è stato un passo importante nel giustificare la concentrazione economica e il potere politico nelle mani dei “più validi nella lotta per la sopravvivenza”. Questi sono stati dotati dalle leggi di natura, rispetto ad altri che non ne sono stati favoriti. E, logicamente, se si tratta di rispettare le leggi “naturali” è quasi un obbligo morale sostenere le disuguaglianze tra gli esseri umani. Come si vede, il liberalismo nella sua posizione radicale costituisce un caso di netto antiumanesimo. Tuttavia, in una prospettiva storica, al liberalismo si devono numerosi progressi nella lotta contro i resti del feudalesimo, contro il clericalismo e contro l'assolutismo monarchico.

Il liberalismo ha avuto numerosi rappresentanti, tra cui A. Smith, A. de Tocqueville, J. Stuart Mill, K. Popper, L. von Mises, F. A. Hayek e, più di recente, J. Rawls e R. Nozick (neoliberalismo).