Marginalità

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(der. di marginale, cfr. margine, lat. margo, -inis, estremità, bordo di qualcosa) Il termine viene usato nella sociologia contemporanea per qualificare un grande gruppo sociale. Questo gruppo è composto da persone che hanno cessato di appartenere alle caste o agli strati della società tradizionale, ma che non si sono inseriti nelle classi o negli strati della società moderna. Mantengono una posizione intermedia e conservano legami familiari, economici, sociali e culturali con i gruppi tradizionali da cui provengono.

Per “emarginato” si intende colui che è al limite del possesso dei diritti comuni al resto delle persone e che soffre condizioni sociali di inferiorità.

In sociologia, a volte, il concetto di “settori emarginati” si identifica con il parassitismo sociale. Questa interpretazione non è corretta. In generale, gli emarginati si occupano dell'attività produttiva ma in modo occasionale perché non hanno professione, mezzi economici propri, una casa decente ecc. Non possono peraltro essere considerati neppure “strati emarginati” l'insieme degli abitanti dei quartieri e delle zone povere, perché in queste ultime si osserva una grande differenziazione sociale: vi abitano non soltanto gli emarginati, ma anche operai, impiegati, professionisti, commercianti con modeste risorse e perfino delinquenti impegnati in attività criminali.