2000 Senza Guerre: differenze tra le versioni
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Possiamo suppore ingenuamente che le guerre finiranno come per magia, qualsiasi cosa facciamo o anche se non facciamo nulla, così che un giorno potremo apprendere dai mezzi di informazione che "la pace è giunta e non se ne andrà più". | Possiamo suppore ingenuamente che le guerre finiranno come per magia, qualsiasi cosa facciamo o anche se non facciamo nulla, così che un giorno potremo apprendere dai mezzi di informazione che "la pace è giunta e non se ne andrà più". | ||
Versione attuale delle 09:49, 28 apr 2018
Campagna umanista presentata da Rafael de la Rubia a Santiago del Cile l'8 Gennaio del 1995, in occasione dell'Incontro Aperto dell'Umanesimo. Questa campagna ha generato poi la nascita di Mondo senza Guerre e senza Violenza, organismo del Movimento Umanista.
Manifesto della Campagna
L'immoralità dei violenti e la forza morale della nonviolenza
Nella storia dell'umanità le guerre sono sempre state la massima fonte di dolore e di sofferenza.
C'è chi ha interessi legati allo scoppio di conflitti armati.
Costoro presentano la violenza fisica come un comportamento naturale dell'essere umano, ove l'idea di "naturale" vuole significare "ciò che non può essere trasformato, ciò che sarà sempre così, fino a che esisterà l'uomo". Alcuni si sono spinti ancora più in là, presentando la violenza come un "male necessario".
L'edificio umano è stato costruito grazie al lavoro, alla creatività, all'interscambio e alla solidarietà tra le generazioni.
E' altrettanto vero che in alcune occasioni un uomo, un gruppo o un popolo agiscono in modo violento, producendo il contrario. Tuttavia esistono sempre delle condizioni precedenti all'esplosione della violenza ed è là che si può e si deve agire per deviare le enormi forze che si stanno mettendo in moto.
La nonviolenza è tutto il contrario di un atteggiamento debole, blando o codardo e dal nostro punto di vista non esclude il diritto all'autodifesa.
L'atteggiamento nonviolento è una scelta possibile e oggi necessaria, mediante la quale un uomo, un gruppo o un popolo mostrano ai contemporanei e a coloro che li seguiranno nella storia la proprio forza morale e l'elevatezza della propria coscienza.
La violenza è un "errore di risposta" e non l'espressione della malvagità intrinseca del genere umano.
A meno che non si voglia attribuire tale aspetto psicologico, tale malattia mentale e ogni essere che nasce sul pianeta, bisognerà accettare che le guerre non sono un fenomeno meccanico, incontrollabile e naturale come un uragano o un terremoto, ma che rispondono ad interessi e intenzioni di persone e gruppi precisi.
La guerra è pensata, pianificata e decisa da pochi esseri malati di crudeltà, di sete di potere e di denaro.
Questi coinvolgono i popoli nei loro piani attraverso argomenti e giustificazioni immorali e pertanto non validi.
La morte, la pazzia, la disperazione, le mutilazioni, le malattie, le distruzioni, la fame, la solitudine sono conseguenze di tale immoralità.
Benefici per la popolazione mondiale derivanti dalla riconversione degli investimenti bellici.
La minaccia di scontri e l'esplosione delle guerre locali è in continuo aumento; oggi altre forze si attivano in modo policentrico, prendendo la forma di nazionalismi e lotte etniche o religiose.
Queste situazioni impediscono ai popoli di svilupparsi all'insegna della pace, dell'interscambio e della fratellanza.
L'impatto negativo che le guerre hanno sull'economia si accentua nei paesi dotati di minori risorse, quando una parte del bilancio nazionale viene destinata agli armamenti e alla difesa, invece che all'educazione, alla salute, alla scienza e alla cultura.
E' stato più volte dimostrato che molti governi investono più nella difesa che nella salute e nell'educazione. Per altri paesi invece le guerre sono fonte di entrate, giacché aumentano le esportazioni grazie alla vendita di armi e tecnologie ad uso militare.
Secondo molti studi la fame nel mondo potrebbe essere risolta con il 10% di quanto viene speso per gli armamenti e le ricerche a scopi distruttivi.
Risulta difficile immaginare cosa si potrebbe fare destinando il 30, il 50 o il 100% di quelle risorse per dare impulso alla vita piuttosto che alla morte, per contribuire al superamento del dolore fisico e della sofferenza mentale invece di generarli. Viviamo in un mondo in cui non si può più affermare: "Quelli sono problemi loro, qui non abbiamo conflitti."
Nell'attuale, rapido processo di globalizzazione, ciò che succede in un luogo si ripercuote immediatamente da altre parti: crollano le borse valori, si scatenano crisi a catena nell'economia di paesi e intere regioni, il modo di vivere di milioni di persone si trasforma rapidamente e questo porta ad esplosioni sociali e a migrazioni di massa.
La storia umana è l'espressione della ribellione di fronte a ciò che sembra stabilito
Possiamo suppore ingenuamente che le guerre finiranno come per magia, qualsiasi cosa facciamo o anche se non facciamo nulla, così che un giorno potremo apprendere dai mezzi di informazione che "la pace è giunta e non se ne andrà più".
Non si tratta di qualcosa che succederà inevitabilmente: possiamo eliminare le guerre, ma questo non equivale ad affermare che "le guerre si elimineranno da sole".
L'immensità e la complessità del progetto di estirpare le guerre può sembrare a livello personale un'immagine che paralizza invece che muovere.
Dopo secoli di violenza risulta difficile immaginare che le guerre cessino.
Tuttavia, prima ancora di stabilire le strategie politiche internazionali e i piani locali, l'immagine di un pianeta senza guerre dovrà vivere come una visione intima e un impegno personale in ognuno di noi.
Questo è il punto chiave da cui prende il via tutta la questione.
La maggioranza degli esseri umani non vuole la guerra, ma non crede che essa si possa eliminare; quindi la prima cosa che dobbiamo cambiare è la credenza riguardo a ciò che riteniamo una realtà immodificabile.
Dobbiamo cambiare l'idea che "non è possibile", perché molte volte ciò che ci impedisce di trasformare ciò che chiamiamo realtà è soltanto ciò che crediamo di essa.
Cos'è la storia umana se non la storia del superamento dei limiti? Oggi potremmo forse disporre delle risorse della natura per nutrirci, curare le malattie e progredire nella conoscenza del nostro corpo, potremmo percorrere e conoscere le profondità degli oceani, comunicare istantaneamente da un capo all'altro del pianeta, volare ed esplorare l'universo se fin dagli albori dell'umanità, fin dall'inizio della civiltà non fosse esistita la ribellione verso "ciò che è naturale e stabilito"? Questo è il senso della storia: uno sforzo costante per superare il dolore e la sofferenza personale e sociale, per raggiungere la felicità, la libertà, la gioia di vivere.
Una lotta mai interrotta attraverso i millenni, per trasformare l'ambiente naturale in un luogo adatto alla vita umana, l'ambiente sociale in un luogo degno per uno sviluppo senza limiti.
Una forza morale organizzata può cambiare la direzione della storia
Abbiamo la responsabilità e le necessità morale di decidere se vogliamo continuare a vivere e in quali condizioni vogliamo farlo.
E' nostro privilegio agire adesso, per noi, per le generazioni che verranno e per quelle che ci hanno preceduto.
Possiamo dare il nostro contributo per raggiungere la meta più alta: estirpare la violenza come forma di relazione, trasformarci e trasformare il mondo nella dimora di una nuova umanità.
E possiamo ottenere tutto questo nel corso della nostra vita.
Vogliamo risolvere il problema delle guerre.
Pensiamo che questo sarà possibile se si diffonderà una ferma intenzione, che generi ambiti di organizzazione e partecipazione. Nella misura in cui sempre più gente parteciperà alla campagna, nasceranno idee, piani e strategie d'azione nuovi e si apriranno strade oggi inimmaginabili.
E' preferibile correre il rischio di non raggiungere la meta, piuttosto che non fare alcun passo in questa direzione. Fermare le guerre non è un'idea nuova: durante la storia innumerevoli persone in momenti diversi, in luoghi diversi hanno lavorato con l'idea della pace, della non violenza, della solidarietà, della non discriminazione, della tolleranza e dell'integrazione delle diversità.
Molti lo stanno facendo anche ora, ma non è sufficiente.
E' necessaria una possente azione d'insieme, in grado di spazzar via credenze, pregiudizi, gruppi e organizzazioni che pretendono di farci restare nella preistoria umana, imponendo la legge del più forte, in un ambiente dominato dal pregiudizio, dalla discriminazione, dalla brutalità e dal nichilismo.
Vogliamo la pace.
Vogliamo vivere in un mondo veramente umano.
Vogliamo vivere il giorno in cui cesseranno tutte le guerre ed esploderà l'allegria della gente.
Amiamo la vita e dichiariamo che ogni bambino, giovane, anziano, uomo e donna, non importa il colore della sua pelle, la sua religione o la sua nazionalità, ha diritto a costruire la sua vita senza il timore di una morte che altri decideranno per lui. Consideriamo l'essere umano il valore più alto e la nonviolenza l'atteggiamento più degno e invitiamo altri a definirsi rispetto a questi temi.
Riteniamo che oggi il compito più valido sia quello di riscattare l'uomo dalla violenza.
Invitiamo altri a partecipare a questa causa e a preparare la strada della nuova umanità. Buenos Aires, 28 febbraio 1995