Il Cammino: differenze tra le versioni
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Nel mondo delle relazioni, non si possono giustificare le proprie necessità | Nel mondo delle relazioni, non si possono giustificare le proprie necessità | ||
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Anche in questo caso è possibile l'apprendimento, non l’abbandonarsi ad una | Anche in questo caso è possibile l'apprendimento, non l’abbandonarsi ad una |
Versione delle 16:11, 20 ago 2015
Il Cammino è una breve ma intensa meditazione che conclude il libro del Messaggio di Silo.
Di seguito riportiamo i commenti sul Cammino tratti dal testo Commenti a "Il Messaggio di Silo"
In questa terza parte si presentano 17 temi di meditazione che si riferiscono al raggiungimento della coerenza nel pensare, nel sentire e nel fare. Si chiama "Il Cammino", questo lavoro che si segue per avanzare verso la coerenza, verso l'unità della vita e per evitare la contraddizione, la disintegrazione della vita. Raggruppiamo i 17 temi in 2 blocchi:
Nel blocco dei primi 8 temi, si indica la situazione in cui si trova chi cerca coerenza ed anche il cammino da seguire per avanzare verso la coerenza.
Nel blocco dei 9 temi finali, si indicano le difficoltà che si devono eludere per avanzare verso la coerenza.
1. - "Se credi che la tua vita termini con la morte, ciò che pensi, che senti e che fai non ha senso. Tutto finisce nell’incoerenza, nella disintegrazione"
Qui si afferma che nessuna giustificazione è possibile se la si colloca nella prospettiva della morte. D'altra parte, facciamo la nostra vita sulla spinta delle necessità vitali. Mangiare, bere, difendersi dalle aggressioni naturali e cercare il piacere, sono grandi impulsi che permettono la continuità della vita nel breve termine. Grazie all'illusione della permanenza vitale si possono portare avanti tutte le attività, che non possono però trovare giustificazione al di fuori dell'illusione della permanenza.
2. - "Se credi che la tua vita non termini con la morte, ciò che pensi deve coincidere con ciò che senti e con ciò che fai. Tutto deve dirigersi verso la coerenza, verso l’unità"
Si afferma che nel caso in cui si creda nella permanenza o nella proiezione della vita oltre la morte, questo deve trovare giustificazione nel coincidere del pensare, del sentire e dell'agire nella stessa direzione. La vita può permanere o proiettarsi tramite una specie di unità dinamica e comunque non tramite la contraddizione.
3. - "Se sei indifferente al dolore e alla sofferenza degli altri, ogni aiuto che tu chieda non troverà giustificazione"
Nel mondo delle relazioni, non si possono giustificare le proprie necessità negando quelle degli altri.
4. - "Se non sei indifferente al dolore e alla sofferenza degli altri, devi fare in modo che ciò che senti coincida con ciò che pensi e con ciò che fai per aiutare gli altri"
Una posizione coerente di fronte al dolore e alla sofferenza degli altri esige che quello che si pensa, quello che si sente e quello che si fa, abbiano la stessa direzione.
5. - "Impara a trattare gli altri nello stesso modo in cui vorresti essere trattato"
Tutto il nostro mondo di relazioni, se pretende di essere coerente, deve reggersi sulla reciprocità delle azioni. Questa non è “naturalmente data" nel comportamento ma si considera come qualcosa in crescita, qualcosa che deve essere appreso. Detta condotta è conosciuta come "la Regola d’Oro". Detta condotta si educa e si perfeziona nel mondo delle relazioni con il tempo e con l'esperienza.
6. - "Impara a superare il dolore e la sofferenza in te, nel tuo prossimo e nella società umana"
Anche in questo caso è possibile l'apprendimento, non l’abbandonarsi ad una supposta "natura" umana. Tale apprendimento si estende agli altri come conseguenza di quanto appreso nel superare la propria sofferenza.
7. - "Impara ad opporti alla violenza che c’è in te e fuori di te"
Come la base di ogni apprendimento di superamento e di coerenza.
8. - "Impara a riconoscere i segni del sacro in te e fuori di te"
Questa intuizione del "Sacro", dell’insostituibile, cresce e si estende a diversi campi fino ad arrivare ad orientare la vita (il Sacro in se stessi) e le azioni nella vita (il Sacro al di fuori di se stessi).
9. - " Non lasciar passare la tua vita senza chiederti: “Chi sono?”
Nel senso dei significati di se stesso e di quello che distorce ciò che si riferisce a "se stesso".
10. - "Non lasciar passare la tua vita senza chiederti: “Dove vado?”
Nel senso della direzione e degli obiettivi della vita.
11. - "Non lasciar passare un solo giorno senza darti una risposta su chi sei"
Nel ricordo quotidiano di se stessi in relazione con la finitezza.
12. - "Non lasciar passare un solo giorno senza darti una risposta su dove vai"
È il ricordo quotidiano di se stessi, in relazione agli obiettivi e alla direzione della propria vita.
13. - "Non lasciar passare una grande allegria senza ringraziare dentro di te"
Non solamente per l'importanza che ha riconoscere una grande allegria, ma anche per la positiva predisposizione che si accentua quando si "ringrazia", rinforzando l'importanza di ciò che si sperimenta.
14. - "Non lasciar passare una grande tristezza senza reclamare dentro di te quell’allegria che vi è rimasta custodita” Precisamente, se a suo tempo si sono rese coscienti le esperienze di allegria, quando le si evocano nei momenti difficili, si fa appello alla memoria ("caricata" di affetti positivi). Si potrebbe pensare che da quel "confronto" esca perdente la situazione positiva, ma non è così perché quel "confronto" permette di modificare l'inerzia affettiva degli stati negativi.
15. - "Non immaginare di essere solo nel tuo villaggio, nella tua città, sulla Terra e negli infiniti mondi"
Questa "solitudine" è un'esperienza che si patisce come "abbandono" di altre intenzioni e, in definitiva, come "abbandono" del futuro. Parlare del "tuo villaggio, la tua città, la Terra e gli infiniti mondi " mette tutti ed ognuno dei luoghi piccoli e grandi, spopolati e popolati, di fronte alla solitudine ed all’annullamento di ogni possibile intenzione. La posizione opposta parte dalla propria intenzione e si estende al di fuori del tempo e dello spazio in cui trascorrono la nostra percezione e la nostra memoria. Siamo accompagnati da diverse intenzioni ed anche nell'apparente solitudine cosmica esiste "qualcosa". C'è qualcosa che mostra la sua presenza.
16. - "Non immaginare di essere incatenato a questo tempo e a questo spazio"
Se non puoi immaginare né percepire un altro tempo ed un altro spazio, puoi intuire uno spazio ed un tempo interni in cui operano le esperienze di altri "paesaggi". In quelle intuizioni si superano i determinismi del tempo e lo spazio. Si tratta di esperienze non legate alla percezione, né alla memoria. Dette esperienze si riconoscono indirettamente ed unicamente quando "si entra" o quando "si esce" da quegli spazi e da quei tempi. Quelle intuizioni si danno tramite spostamento dell’"io" e si riconosce il loro inizio e la loro fine per un nuovo aggiustamento dell’"io". Le intuizioni dirette di quei "paesaggi" (in quegli spazi Profondi), sono oscuramente ricordate per contesti temporali, mai per "oggetti" di percezione o di rappresentazione.
17. - " Non immaginare che con la tua morte si perpetui in eterno la solitudine "
Considerando la morte come "nulla" o come solitudine totale, è chiaro che non sussiste il "prima" e il "dopo" il di quella esperienza Profonda. La Mente trascende la coscienza legata all’"io" e agli spazi e tempi di percezione e di rappresentazione. Tuttavia, nulla che accada negli Spazi Profondi si può fare palese all'esperienza.