Contributi al Pensiero: differenze tra le versioni
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Contributi al pensiero è composto di due saggi. Il primo, Psicologia dell’immagine, è stato scritto nel 1988, mentre il secondo, Discussioni storiologiche, è stato terminato nel 1989. Sebbene si riferiscano a campi diversi, i due testi sono in stretta relazione e, in un certo senso, si chiariscono a vicenda. Per questo la loro pubblicazione congiunta con il titolo di Contributi al pensiero ci è sembrata opportuna. I punti di vista espressi in Psicologia dell’immagine e in Discussioni storiologiche sono caratteristici della riflessione filosofica e non sorgono dalle matrici della psicologia e della storiografia. Tuttavia, entrambi i lavori hanno per oggetto i fondamenti stessi di queste discipline. | Contributi al pensiero è composto di due saggi. | ||
In Psicologia dell’immagine, l’autore presenta una teoria innovativa su quello che chiama | |||
Se ciò che l’autore sostiene è corretto, i fondamenti dell’agire umano dovranno subire una profonda revisione. Non sarà più possibile sostenere che siano le idee, o la “volontà” oppure la “necessità oggettiva” a far muovere il corpo e a dirigerlo verso le cose; bisognerà ammettere che sono invece le immagini e la collocazione da esse assunta nello spazio di rappresentazione. Le idee o la “necessità oggettiva” potranno orientare l’attività nella misura in cui si disporranno come immagini e, nella prospettiva della rappresentazione, nella misura in cui si colloccheranno in un paesaggio interno adeguato. Ma questa possibilità non sarà propria solo della necessità o delle idee: apparterrà anche alle credenze e alle emozioni trasformate in immagini. Le conseguenze che derivano da tali tesi sono enormi, e l’autore stesso sembra suggerirne la portata con le parole che pone a chiusura del lavoro: “Se le immagini permettono di riconoscere e di agire, gli individui e i popoli tenderanno a trasformare il mondo in modi diversi a seconda della struttura del loro paesaggio e delle loro necessità (o di ciò che considerano le loro necessità).” | Il primo, [[Psicologia dell’immagine]], è stato scritto nel 1988, mentre il secondo, [[Discussioni storiologiche]], è stato terminato nel 1989. Sebbene si riferiscano a campi diversi, i due testi sono in stretta relazione e, in un certo senso, si chiariscono a vicenda. Per questo la loro pubblicazione congiunta con il titolo di Contributi al pensiero ci è sembrata opportuna. I punti di vista espressi in [[Psicologia dell’immagine]] e in [[Discussioni storiologiche]] sono caratteristici della riflessione filosofica e non sorgono dalle matrici della psicologia e della storiografia. Tuttavia, entrambi i lavori hanno per oggetto i fondamenti stessi di queste discipline. | ||
In Discussioni storiologiche si passano in rassegna le diverse concezioni che l’autore riunisce sotto la designazione unica di “storia senza temporalità”. Come mai fino a oggi nello studio della storia umana l’uomo è stato sempre considerato come un epifenomeno del mondo naturale o come una “semplice cinghia di trasmissione di fattori a lui esterni, dei quali è solo paziente”? A quali ragioni si deve la mancanza di spiegazioni adeguate sulla natura della temporalità? L’autore afferma che la Storiologia diventerà scienza solo nella misura in cui risponderà a tali domande e chiarirà i prerequisiti necessari ad ogni discorso storico, ovvero che cosa si debba intendere per storicità e per temporalità. Nella Premessa a quest’opera si dice: “Abbiamo fissato come obiettivo del nostro lavoro il chiarimento dei requisiti preliminari necessari per dare fondamento alla Storiologia. E’ evidente che disporre di un sapere cronologico sugli avvenimenti storici non è ragione sufficiente per avanzare pretese di scientificità...” La Storiologia non può prescindere dalla comprensione della struttura della vita umana, poiché lo storiologo, anche se volesse fare semplice storia naturale, si vedrebbe costretto a strutturare tale storia naturale utilizzando un’ottica ed un’interpretazione umana. Ma la vita umana è proprio storicità, temporalità, ed è appunto nella comprensione della temporalità che sta la chiave di ogni costruzione storica. Ma allora, che cosa determina gli avvenimenti umani, secondo quali modalità essi si succedono? L’autore risponde che sono le generazioni, con le loro diverse accumulazioni temporali, gli agenti di qualunque processo storico; sebbene coesistano in uno stesso momento, le generazioni possiedono differenti paesaggi di formazione, di sviluppo e di lotta proprio perché le une sono nate prima delle altre. Il bambino e il vecchio, per esempio, vivono apparentemente in uno stesso tempo storico, ma, pur coesistendo, rappresentano paesaggi e accumulazioni temporali diverse. Certo, le generazioni nascono l’una dall’altra in un continuum biologico, ma ciò che le caratterizza è la costituzione sociale e temporale, che è diversa per ciascuna di esse. | |||
In Psicologia dell’immagine, l’autore presenta una teoria innovativa su quello che chiama “[[spazio di rappresentazione]]”, “spazio” che sorge quando si mettono in evidenza gli oggetti della rappresentazione (non semplicemente quelli della percezione) e senza il quale non si può comprendere come la coscienza possa orientarsi e distinguere tra il “mondo esterno” e il “mondo interno”. In effetti, se la percezione presenta i fenomeni a chi li percepisce, in quale luogo questi si colloca rispetto ad essi? Se si risponde dicendo che si colloca nella spazialità esterna, in accordo con l’“esteriorità” del fenomeno percepito, allora come può tale soggetto muovere il corpo dall’“interno” guidandolo in tale “esteriorità”? Grazie alla percezione si può spiegare come il dato giunga alla coscienza ma non si può giustificare il movimento che la coscienza imprime al corpo. Può il corpo agire nel mondo esterno se non esiste una rappresentazione di entrambi questi termini, corpo e mondo? Ovviamente no. Pertanto, tale rappresentazione deve sorgere in qualche “luogo” della coscienza. Ma in che senso si può parlare di “luogo”, “colore” o “estensione” nella coscienza? Queste sono alcune delle difficoltà affrontate e risolte nel presente saggio, il cui obiettivo è di dimostrare le seguenti tesi: 1. L’immagine è un modo attivo di porsi nel mondo da parte della coscienza e non semplice passività, come hanno sostenuto le teorie precedenti. 2. Questo modo attivo non può essere indipendente da una “spazialità” interna. 3. Le numerose funzioni svolte dall’immagine dipendono dalla posizione da essa assunta in tale “spazialità”. | |||
Se ciò che l’autore sostiene è corretto, i fondamenti dell’agire umano dovranno subire una profonda revisione. Non sarà più possibile sostenere che siano le idee, o la “volontà” oppure la “necessità oggettiva” a far muovere il corpo e a dirigerlo verso le cose; bisognerà ammettere che sono invece le immagini e la collocazione da esse assunta nello [[spazio di rappresentazione]]. Le idee o la “necessità oggettiva” potranno orientare l’attività nella misura in cui si disporranno come immagini e, nella prospettiva della rappresentazione, nella misura in cui si colloccheranno in un paesaggio interno adeguato. Ma questa possibilità non sarà propria solo della necessità o delle idee: apparterrà anche alle credenze e alle emozioni trasformate in immagini. Le conseguenze che derivano da tali tesi sono enormi, e l’autore stesso sembra suggerirne la portata con le parole che pone a chiusura del lavoro: “Se le immagini permettono di riconoscere e di agire, gli individui e i popoli tenderanno a trasformare il mondo in modi diversi a seconda della struttura del loro paesaggio e delle loro necessità (o di ciò che considerano le loro necessità).” | |||
In [[Discussioni storiologiche]] si passano in rassegna le diverse concezioni che l’autore riunisce sotto la designazione unica di “storia senza temporalità”. Come mai fino a oggi nello studio della storia umana l’uomo è stato sempre considerato come un epifenomeno del mondo naturale o come una “semplice cinghia di trasmissione di fattori a lui esterni, dei quali è solo paziente”? A quali ragioni si deve la mancanza di spiegazioni adeguate sulla natura della temporalità? L’autore afferma che la Storiologia diventerà scienza solo nella misura in cui risponderà a tali domande e chiarirà i prerequisiti necessari ad ogni discorso storico, ovvero che cosa si debba intendere per storicità e per temporalità. Nella Premessa a quest’opera si dice: “Abbiamo fissato come obiettivo del nostro lavoro il chiarimento dei requisiti preliminari necessari per dare fondamento alla Storiologia. E’ evidente che disporre di un sapere cronologico sugli avvenimenti storici non è ragione sufficiente per avanzare pretese di scientificità...” | |||
La Storiologia non può prescindere dalla comprensione della struttura della vita umana, poiché lo storiologo, anche se volesse fare semplice storia naturale, si vedrebbe costretto a strutturare tale storia naturale utilizzando un’ottica ed un’interpretazione umana. Ma la vita umana è proprio storicità, temporalità, ed è appunto nella comprensione della temporalità che sta la chiave di ogni costruzione storica. Ma allora, che cosa determina gli avvenimenti umani, secondo quali modalità essi si succedono? L’autore risponde che sono le generazioni, con le loro diverse accumulazioni temporali, gli agenti di qualunque processo storico; sebbene coesistano in uno stesso momento, le generazioni possiedono differenti paesaggi di formazione, di sviluppo e di lotta proprio perché le une sono nate prima delle altre. Il bambino e il vecchio, per esempio, vivono apparentemente in uno stesso tempo storico, ma, pur coesistendo, rappresentano paesaggi e accumulazioni temporali diverse. Certo, le generazioni nascono l’una dall’altra in un continuum biologico, ma ciò che le caratterizza è la costituzione sociale e temporale, che è diversa per ciascuna di esse. | |||
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Versione delle 20:31, 2 ago 2015
Libro di Silo composto da due saggi filosofici: Psicologia dell'Immagine e Discussioni Storiologiche; incluso nel Volume I delle Opere Complete.
Spiegazione
Contributi al pensiero è composto di due saggi.
Il primo, Psicologia dell’immagine, è stato scritto nel 1988, mentre il secondo, Discussioni storiologiche, è stato terminato nel 1989. Sebbene si riferiscano a campi diversi, i due testi sono in stretta relazione e, in un certo senso, si chiariscono a vicenda. Per questo la loro pubblicazione congiunta con il titolo di Contributi al pensiero ci è sembrata opportuna. I punti di vista espressi in Psicologia dell’immagine e in Discussioni storiologiche sono caratteristici della riflessione filosofica e non sorgono dalle matrici della psicologia e della storiografia. Tuttavia, entrambi i lavori hanno per oggetto i fondamenti stessi di queste discipline.
In Psicologia dell’immagine, l’autore presenta una teoria innovativa su quello che chiama “spazio di rappresentazione”, “spazio” che sorge quando si mettono in evidenza gli oggetti della rappresentazione (non semplicemente quelli della percezione) e senza il quale non si può comprendere come la coscienza possa orientarsi e distinguere tra il “mondo esterno” e il “mondo interno”. In effetti, se la percezione presenta i fenomeni a chi li percepisce, in quale luogo questi si colloca rispetto ad essi? Se si risponde dicendo che si colloca nella spazialità esterna, in accordo con l’“esteriorità” del fenomeno percepito, allora come può tale soggetto muovere il corpo dall’“interno” guidandolo in tale “esteriorità”? Grazie alla percezione si può spiegare come il dato giunga alla coscienza ma non si può giustificare il movimento che la coscienza imprime al corpo. Può il corpo agire nel mondo esterno se non esiste una rappresentazione di entrambi questi termini, corpo e mondo? Ovviamente no. Pertanto, tale rappresentazione deve sorgere in qualche “luogo” della coscienza. Ma in che senso si può parlare di “luogo”, “colore” o “estensione” nella coscienza? Queste sono alcune delle difficoltà affrontate e risolte nel presente saggio, il cui obiettivo è di dimostrare le seguenti tesi: 1. L’immagine è un modo attivo di porsi nel mondo da parte della coscienza e non semplice passività, come hanno sostenuto le teorie precedenti. 2. Questo modo attivo non può essere indipendente da una “spazialità” interna. 3. Le numerose funzioni svolte dall’immagine dipendono dalla posizione da essa assunta in tale “spazialità”.
Se ciò che l’autore sostiene è corretto, i fondamenti dell’agire umano dovranno subire una profonda revisione. Non sarà più possibile sostenere che siano le idee, o la “volontà” oppure la “necessità oggettiva” a far muovere il corpo e a dirigerlo verso le cose; bisognerà ammettere che sono invece le immagini e la collocazione da esse assunta nello spazio di rappresentazione. Le idee o la “necessità oggettiva” potranno orientare l’attività nella misura in cui si disporranno come immagini e, nella prospettiva della rappresentazione, nella misura in cui si colloccheranno in un paesaggio interno adeguato. Ma questa possibilità non sarà propria solo della necessità o delle idee: apparterrà anche alle credenze e alle emozioni trasformate in immagini. Le conseguenze che derivano da tali tesi sono enormi, e l’autore stesso sembra suggerirne la portata con le parole che pone a chiusura del lavoro: “Se le immagini permettono di riconoscere e di agire, gli individui e i popoli tenderanno a trasformare il mondo in modi diversi a seconda della struttura del loro paesaggio e delle loro necessità (o di ciò che considerano le loro necessità).”
In Discussioni storiologiche si passano in rassegna le diverse concezioni che l’autore riunisce sotto la designazione unica di “storia senza temporalità”. Come mai fino a oggi nello studio della storia umana l’uomo è stato sempre considerato come un epifenomeno del mondo naturale o come una “semplice cinghia di trasmissione di fattori a lui esterni, dei quali è solo paziente”? A quali ragioni si deve la mancanza di spiegazioni adeguate sulla natura della temporalità? L’autore afferma che la Storiologia diventerà scienza solo nella misura in cui risponderà a tali domande e chiarirà i prerequisiti necessari ad ogni discorso storico, ovvero che cosa si debba intendere per storicità e per temporalità. Nella Premessa a quest’opera si dice: “Abbiamo fissato come obiettivo del nostro lavoro il chiarimento dei requisiti preliminari necessari per dare fondamento alla Storiologia. E’ evidente che disporre di un sapere cronologico sugli avvenimenti storici non è ragione sufficiente per avanzare pretese di scientificità...”
La Storiologia non può prescindere dalla comprensione della struttura della vita umana, poiché lo storiologo, anche se volesse fare semplice storia naturale, si vedrebbe costretto a strutturare tale storia naturale utilizzando un’ottica ed un’interpretazione umana. Ma la vita umana è proprio storicità, temporalità, ed è appunto nella comprensione della temporalità che sta la chiave di ogni costruzione storica. Ma allora, che cosa determina gli avvenimenti umani, secondo quali modalità essi si succedono? L’autore risponde che sono le generazioni, con le loro diverse accumulazioni temporali, gli agenti di qualunque processo storico; sebbene coesistano in uno stesso momento, le generazioni possiedono differenti paesaggi di formazione, di sviluppo e di lotta proprio perché le une sono nate prima delle altre. Il bambino e il vecchio, per esempio, vivono apparentemente in uno stesso tempo storico, ma, pur coesistendo, rappresentano paesaggi e accumulazioni temporali diverse. Certo, le generazioni nascono l’una dall’altra in un continuum biologico, ma ciò che le caratterizza è la costituzione sociale e temporale, che è diversa per ciascuna di esse.
Conferenza dell'Autore
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Edizione originale
Contribucciones al Pensamiento viene pubblicato in Argentina per la prima volta nel 1990
Traduzioni
Il libro è tradotto in catalano, francese, inglese, italiano, russo, tedesco.
Edizioni italiane
Il libro ha avuto, a partire dal 1997, tre a cura della Multimage inclusa l'ultima del 2014 in formato e-pub; in queste edizioni si conta anche quella delle Opere Complete, Vol. I