Metodo Strutturale Dinamico

Da humanipedia.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Il Metodo Strutturale Dinamico (MSD) è un metodo per studiare elaborato dal pensatore argentino Silo negli anni ’70 con la finalità di studiare i problemi di quell’epoca e cercare delle soluzioni.

Successivamente rielaborato da membri del Movimento Umanista e, in special modo, da Jorge Pompei, direttore del Centro di Studi Umanisti di Buenos Aires, si propone attualmente come un metodo che, in teoria, si può applicare a qualunque oggetto di studio ma è particolarmente orientato allo studio e alla comprensione dei fenomeni umani.

Il MSD è tributario dei numerosi metodi che, soprattutto in ambito occidentale, hanno caratterizzato la storia della filosofia e la storia della scienza; non sarà difficile scorgervi l’ispirazione della maieutica socratica, il pensare rigoroso di Husserl, l’approccio esistenzialista sartriano, tra gli altri.

Il MSD è strutturale nel senso che considera i fenomeni all’interno strutture (ambiti) condizionanti; è dinamico in relazione agli elementi che compongono l’oggetto di studio e al trascorrere del tempo.

E' il metodo usato per realizzare monografie della Scuola e per effettuare studi ed analisi del Centro di Studi Umanisti.

Viene insegnato e praticato sulla base del libro di Jorge Pompei Teoria e pratica del Metodo Strutturale Dinamico.

Approfondimento

Partire dall’esperienza

Il punto di partenza del MSD è l’esperienza umana.

Esperienza è, in questo contesto, la strutturazione di ciò che si percepisce attraverso la via dei sensi esterni e interni e la strutturazione del pensiero stesso, giacché anche esso è possibile sperimentarlo.

Intendiamo il pensiero come la capacità di fissare il movimento dell’esperienza.

Il pensiero non lavora con percezioni, però è esperienza interna.

Non crediamo che il pensiero sia la base di tutto, ma il pensiero mette intelligenza nell’esperienza.

Il pensiero è un’astrazione dell’esperienza ed è ciò che permette, fermandola, di analizzarla, ordinarla e giungere a conclusioni per poter operare su di essa.

Non diremmo, come Descartes “Penso, quindi esisto” ma piuttosto: poiché esisto, ho la possibilità di pensare sull’esistenza.

L’esperienza può essere descritta o interpretata. Quando la descriviamo diciamo come ci si presentano le cose, quando la interpretiamo diciamo cosa è quello che ci si presenta. Allora si può descrivere o interpretare secondo il nostro interesse.

Le Leggi Universali

Se avessimo solo l’esperienza non potremmo avere un sistema ordinato del mondo né di noi stessi. L’esperienza è movimento e permanente cambiamento. Siamo soggetti al movimento.

Il pensiero compensa fissando l’esperienza, altrimenti tutto sarebbe solo movimento, confuso, senza concetto, variabile e caotico.

Allora, anche se al di sopra di tutto c’è l’esperienza, da essa nascono i grandi concetti che chiamiamo Leggi Universali. Tali leggi sono, pertanto, strumenti di lavoro concettuale che in seguito applicheremo alle cose.

Parliamo di Leggi Universali perché includono la totalità dei fenomeni che giungono alla nostra esperienza, altrimenti non sarebbero altro che leggi di una scienza in particolare. Per noi devono essere leggi che siano utili alla fisica, alla psicologia, alla chimica, ecc. Queste Leggi, come il Metodo, servono per orientare il processo del pensiero in modo ordinato, per darci la visione più ampia possibile di un fenomeno dato.

Le leggi, in senso ampio, sono costruzioni umane operative, che permettono di predire, di descrivere una tendenza. Sono idee sistematizzate di come funzionano le cose, regolarità che si compiono in una frangia determinata di fenomeni. Le leggi, nell’ambito della scienza, provengono dall’osservazione di fenomeni singoli e, nella misura in cui vengono verificate da nuove esperienze, permettono di costruire una visione “scientifica” del mondo.

Dunque, le ipotesi, le teorie e le leggi sono spiegazioni provvisorie che servono per operare nel mondo dei fenomeni. Le ipotesi si definiscono come affermazioni il cui valore di verità è sconosciuto nel momento in cui si enuncia. Le teorie sono insiemi di ipotesi che hanno la pretesa di spiegare il comportamento di certi fenomeni in un ambito dato; le leggi sono costruzioni che tentano di spiegare il comportamento generale di un insieme di fenomeni.

Le Leggi Universali su cui si basa il MSD sono le seguenti:

1 - Legge di struttura: "Niente esiste isolato, ma in relazione dinamica con altri esseri all’interno di ambiti condizionanti".

2 - Legge di concomitanza: "Ogni processo è determinato da relazioni di simultaneità con processi dello stesso ambito e non da cause lineari del movimento precedente da cui deriva”.

3 - Legge di ciclo: "Tutto nell’Universo è in evoluzione e va dal più semplice al più complesso e organizzato, secondo tempi e ritmi ciclici".

4 - Legge di superamento del vecchio ad opera del nuovo: “La continua evoluzione dell’Universo mostra il ritmo di differenziazioni, combinazioni e sintesi ogni volta di maggior complessità. Le nuove sintesi assumono le differenze precedenti ed eliminano materia ed energia qualitativamente non accettabile per passi più complessi”.


I passi del MSD

Osservando l’esperienza dinamica e caotica, nasce la necessità di dare ordine a tutto il sistema d’esperienza. Per farlo abbiamo bisogno di un Metodo che etimologicamente significa “procedere sulla via del pensiero in modo ordinato”. Il Metodo nasce allora come compensazione ordinatrice di fronte all’intero sistema di esperienze disordinate.

In ogni caso, per noi, non è solo un modo ordinato di studiare, ma anche un sistema di compensazione strutturante mediante il quale le idee ordinano l’intero sistema di esperienze.

Il Metodo Strutturale Dinamico è una sistema ordinato che richiede, come condizione previa, la corretta definizione dell’oggetto di studio: è quello che chiamiamo formulazione della domanda.

In questa fase è necessario porci una domanda chiara e precisa a cui, alla fine dello studio, dovremo dare una risposta. Questa formulazione ci porterà a definire una struttura oggetto-interesse cioè di comprendere che l’oggetto varia al variare il punto di vista da cui lo osservo. L’oggetto non esiste in sé, l’oggetto esiste in funzione di un osservatore e di un punto di vista applicato su di esso (Principio Antropico).

La corretta enunciazione di tale domanda ci permetterà di mantenere fisso quello che stiamo studiando durante tutta la durata del lavoro, informandoci su possibili spostamenti dell’interesse o salti di piano nello sviluppo.

Successivamente potremo sviluppare lo studio attraverso una analisi in statica che ci permetterà di collocare l’oggetto in un ambito maggiore (l’insieme condizionante in cui l’oggetto è inserito), un ambito medio (dove l’oggetto si colloca) e un ambito minore (gli elementi da cui questo oggetto è costituito).


Svolto questo passo saremo in condizione di svolgere una triplice analisi in dinamica che permetterà di dare una visione completa dell’Oggetto e di studiarne la natura.

Alla fine di questi passi saremo nelle condizioni di trarre conclusioni che ci permetteranno di comprendere e operare su ciò che abbiamo studiato: quella che sinteticamente chiameremo la risposta.

La risposta verrà espressa e comunicata agli altri nelle forme e nei modi che sembreranno più opportuni: una relazione scritta, un documentario, una presentazione di diapositive ecc.