La Fine della Preistoria

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Libro di Tomás Hirsch pubblicato in italiano nel 2008 da Nuovi Mondi Media.

Titolo originale El fin de la prehistoria.

PREFAZIONE DI EVO MORALES, PRESIDENTE DELLA BOLIVIA

“Che lo sappiamo o no, il nostro destino dipende dal destino del sistema di cui facciamo parte e non il contrario. È come se fossimo a bordo di un treno diretto verso un precipizio; non è spostando i sedili all’interno dei vagoni che eviteremo l’incidente. Per questo dobbiamo arrestare il convoglio o cambiare la sua direzione di marcia”.

In questo libro, Tomás Hirsch esamina un pianeta la cui situazione non consente più di pensare in termini isolazionisti o campanilisti. È una situazione caotica, pericolosa e profondamente iniqua che sta conducendo l’umanità verso guerre, crisi energetiche e impoverimento generalizzato. L’autore definisce la situazione mondiale come la crisi terminale legata alla fine dell’attuale civiltà materialista, mette in guardia sulla minaccia costituita dal suo crollo ed elabora proposte per evitare un collasso che potrebbe assumere caratteristiche traumatiche, soprattutto per i gruppi sociali più svantaggiati.

La sfida dei popoli è prendere atto della direzione presa dalla globalizzazione e dal modello neoliberista, riprendersi il potere che troppo a lungo è stato delegato a “capi” e “leader” che non rappresentavano la base, operando un cambiamento a partire dal basso, dalle comunità locali.

Sin dall’inizio del saggio Hirsh indaga sulle radici della violenza che permea tutto il sistema sociale. “La violenza fisica, razziale, religiosa, psicologica, sessuale e soprattutto economica, derivata dall’ingiustizia sociale e dalla disuguaglianza di diritti e opportunità, è arrivata fino al presente come un sinistro lascito. È possibile sradicare una volta per tutte la maledizione della violenza dalle società umane?”. Sì, è possibile, nonostante finora i movimenti politici e le minoranze arroccate al potere si siano mossi per sfruttare tale violenza anziché debellarla. Con un occhio di riguardo alla situazione latinoamericana, Hirsch denuncia situazioni di dittatura politica ma soprattutto economica, all’interno delle quali i popoli vengono ridotti in uno stato di schiavitù. Da qui – dal basso, dal micro, dall’individuo - deve nascere e svilupparsi il cambiamento, la rinascita che porrà al centro l’uomo, i suoi diritti e le sue esigenze primarie e getterà le basi di un nuovo rapporto tra capitale e lavoro, rivalutando l’importanza e la dignità produttiva dei lavoratori.

L’inversione di rotta non potrà venire dalle destre, ma nemmeno dalle sinistre totalitarie. Quando “Mao lanciò la rivoluzione culturale, disse: ‘Che mille fiori fioriscano’. Lo slogan suonava bene, però poi si affrettarono a precisare che tutti i fiori dovevano essere uguali”. Questo appiattimento annulla l’umanità, che non è fatta di assoluti, ma di sfumature e diversità. Il riscatto dei popoli non è utopico poiché la rivolta alla subordinazione è profondamente insita nell’essere umano. L’uomo anela alla libertà e ad imprigionarlo ora non sono soltanto i limiti naturali, verso i quali da sempre si ribella, ma anche i giganteschi ingranaggi bellici e di potere.

Sta apparendo all’orizzonte un’ondata nuova, destinata a riscrivere la storia; appaiono le prime avvisaglie di un cambiamento epocale nel segno della nonviolenza, che unità elementi sociali e spirituali e segnerà la fine della preistoria violenta. .